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Contro una visione prettamente strumentale della razionalità, una tesi di questo libro è che il pensiero critico non può consistere solo di abilità di pensiero deduttivo o inferenziale, ma è più in generale espressione di abilità epistemiche e competenze etiche inerenti al processo della conoscenza intesa come questione complessa, poiché relativa alla formazione della persona che conosce e agisce nel mondo secondo determinati fini, valori, credenze. Una valutazione delle competenze che non tenga conto di questa differenza genera forme di ingiustizia epistemica. La proposta di questo lavoro -- alla luce di alcune riflessioni su varie tendenze dell'epistemologia contemporanea -- è pertanto che il pensiero critico nasce essenzialmente da un processo di trasmissione dell'eredità culturale e va di pari passo con una didattica guidata. Il linguaggio rappresenta un bagaglio storico, olistico e sociale della tradizione delle ragioni e delle forme di vita che costituiscono le norme o il mezzo in base ai quali gli educatori mediano la loro interpretazione di colui che apprende e lo ammettono all'interno dello spazio delle ragioni. Il passaggio è così da una concezione improntata alla formazione di abilità volte alla ricerca di una verità oggettiva, all'idea che l'approccio critico, pur senza negare una verità oggettiva, e senza ricadere in una soluzione relativista, presuppone piuttosto un punto di vista prospettico sulla realtà. Prefazione di Paul Standish.